Papa Francesco ci ha lasciati. Papa Francesco non ci ha lasciati: è nel Suo popolo.
Il corteo funebre, che, oggi, sfilerà lungo le vie di Roma, per condurre le Sue spoglie mortali, in Santa Maria Maggiore, dove verranno sepolte, è l’emblema di un vescovo, che, anche dopo la morte, si consegna all’abbraccio della gente comune dicendoci di fare anche noi così.
Umanità, fede e umiltà sono state la cifra del Suo alto magistero, che ha messo al centro il Vangelo di Gesù Cristo rovesciando pudori, atteggiamenti prudenziali e geografia delle distanze.
Gli ultimi tra gli ultimi l’hanno quotidianamente frequentato: persone senza fissa dimora, donne e trans vittime di prostituzione, immigrati clandestini, detenuti, uomini e donne messe ai margini, da quel mondo ricco, che produce disperazione, esclusione e morte.
Frequentatore delle grandi metropoli, da Buenos Aires a Roma, le ha attraversate spostandosi sui mezzi pubblici e, divenuto Papa, su una semplice utilitaria, come un operaio, un salariato, un comune cittadino.
Fine intellettuale, ha saputo parlare con semplicità decentrandosi per fare spazio al popolo di Dio. Tutti i Suoi interventi pubblici si sono sempre conclusi con la richiesta: “ Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.”
Migranti e pace sono state le due grandi questioni intorno alle quali ha ri-orientato la pastorale della Chiesa cattolica ricordandone l’opzione preferenziale per i poveri e la vocazione alla povertà evangelica.
La ripresa della sinodalità, come governo collegiale della Chiesa, ha sancito una nuova grande fase di attuazione del Concilio Vaticano II, così come l’essersi, sin dall’inizio, presentato al mondo, come il Vescovo di Roma, ha riaperto la strada del dialogo ecumenico e ha reso possibile un significativo avvicinamento con i patriarcati della Chiesa ortodossa.
Bari, con la sua basilica di San Nicola, è stata scelta, da Francesco, per diventare il fulcro di questo dialogo, in funzione di una diplomazia religiosa della Pace, tra Oriente e Occidente, in una Puglia arca di Pace e non arco di guerra.
Grande interprete del dialogo interreligioso, Bergoglio ha costruito un rapporto forte e profondo con l’Islam, concretizzatosi nella condivisione di importanti documenti, che hanno sbarrato la strada allo scontro di civiltà riconoscendo al mondo musulmano centralità e importanza, nella promozione della pace, della giustizia sociale e della crescita spirituale dei contesti umani e sociali.
Profondamente latino-americano, ha portato in piazza San Pietro la religiosità e devozione delle giaculatorie e delle invocazioni a Maria e al Cuore di Gesù, in cui si condensano forza e pregnanza di una fede popolare, semplice, ma mai banale, capace di sviluppare senso critico e mobilitazione dal basso di una chiesa, che si schiera a fianco degli ultimi e dei senza voce.
Con le nomine cardinalizie, fatte nel corso di questi anni, ha liberato la Chiesa, da un certo condizionamento rispetto all’Occidente e al mondo capitalistico.
Oggi, il Conclave, che eleggerà il nuovo Papa, è il più universale della storia della Chiesa e numericamente i cardinali occidentali sono in equilibrio con quelli del Sud del mondo e dell’Oriente, che, quindi, avranno voce e peso.
Se si cerca di sezionare Francesco dividendone umanità, fede e umiltà, non si coglie il senso del suo magistero, che sta nel suo essere Vescovo, la cui sintesi è ben espressa nel Crocifisso che ha portato al collo, durante gli anni del pontificato, raffigurante il Buon pastore con le pecore sulle spalle.
Pastore buono, ha voluto indicare grandi maestri e testimoni che hanno segnato il percorso delle chiese nazionali.
Memorabili rimarranno, a tal proposito, le Sue visite a Barbiana, sulla tomba di don Lorenzo Milani e a Alessano e Molfetta, sulla tomba e nella diocesi di don Tonino Bello.
Francesco, uomo di pace e di fede, ci consegna oggi il compito di fermare la terza guerra mondiale, di costruire una fraternità planetaria e di ripensare il modello di sviluppo, nei termini di un’ecologia integrale.
Le nostre città devono essere il luogo in cui questa primavera spirituale del mondo può e deve fiorire. È nelle città, infatti, che la gente vive tutte le contraddizioni e le paure di questo tempo ed è dalle città, che deve alzarsi una ritrovata voce popolare di pace, che sia la nuova cifra spirituale del tempo futuro.
Corrado Nicola De Benedittis – Sindaco di Corato